Borghi culturali per superare comunità di beghe condominiali

Appunti dal primo incontro formativo di “Torno Spesso”, con la partecipazione di Bertram Niessen, Filippo Tantillo, Emmanuele Curti e Marco Trulli

Analizzare le connessioni tra l’assenza di luoghi di produzione e diffusione della cultura e lo spopolamento delle aree interne: questo l’obiettivo che ha accompagnato tutta la prima fase del progetto “Torno Spesso”. «Le aree interne sono insediamenti che rispondono soprattutto a esigenze economiche» ha spiegato l’archeologo Emmanuele Curti durante gli incontri formativi del progetto, smontando la retorica romantica del borgo. In quest’ottica i borghi, i paesi, vengono presi in considerazione come risposta a esigenze urbane (come luoghi, ad esempio, deputati ad accogliere flussi di migranti o dove spostarsi durante la pandemia poiché meno abitati). «Necessitiamo dunque di una nuova prospettiva che guardi alle aree interne come parte di un unico sistema, insieme alle aree urbane», ha concluso l’archeologo, manager culturale di “MateraHub” e de “Lo Stato dei luoghi”.

«Tuttavia – ha constatato Filippo Tantillo, ricercatore territorialista – troppo spesso in queste aree qualsiasi voglia di cambiamento è bollata come superficiale, perché prima devono venire i bisogni essenziali». Il ricercatore, esperto di politiche del lavoro e dello sviluppo e responsabile delle Officine Sperimentali Aree Interne, mette in guardia proprio sul concetto di bisogno, poiché «all’ombra di queste necessità primarie mai soddisfatte, intere aree interne non hanno avuto più spazio e modo per sognarsi ed immaginarsi diverse». Ciononostante Tantillo rintraccia un elemento di continuità nelle zone in cui ha operato: quello della produzione culturale da parte di chi ha riconosciuto in queste aree luoghi in cui è più facile sperimentare, dove c’è sicuramente meno concorrenza, un costo della vita più accessibile e il sostegno economico delle famiglie. La cultura è diventata così produzione economica, via di fuga, possibilità di lavoro, diritto. Insieme a sanità, scuola e trasporti, la produzione culturale ha acquisito talvolta “diritto di cittadinanza”.

Ripercorrendo l’esperienza di “Officine culturali”, un’associazione promotrice di iniziative culturali, Tantillo ha chiarito il ruolo del Ministero della coesione nell’improcrastinabile riconoscimento del «lavoro insostituibile che i centri culturali svolgono sul territorio». Sul tema è intervenuto Bertram Niessen, direttore scientifico di “CheFare”, agenzia che oggi concentra la sua attenzione proprio sulla crescita di nuovi centri culturali. Di questi centri “CheFare” ha realizzato una mappatura, proponendo una sorta di vademecum che li aiuti a proiettarsi nel futuro. «Raccontiamo gli spazi culturali perché spesso animano la vita sociale e civile del Paese più delle istituzione ufficialmente riconosciute», spiega Bertram.

«Mai come in questo momento – ha chiosato Marco Trulli, referente nazionale “Arci” su progetti e spazi innovativi – la cultura è intesa come bisogno essenziale che può concorrere a dare una risposta di vivibilità nelle aree interne». In quest’ottica, sarebbe «utile superare – ritiene invece Lorenzo Carangelo di “Torno Spesso” – lo “stigma dell’emigrante”, spesso estromesso dalla cosa pubblica del suo territorio perché ormai lontano. È invece importante ripensare una comunità che non inglobi solo chi in un territorio ci nasce e ci cresce, non riducibile a uno spazio fisico: oggi c’è un flusso continuo nelle aree interne, un continuo ricambio, frutto del ritorno di chi è andato via. Esiste ancora un nucleo anziano che si sta esaurendo, ma sotto i 40 anni, la gente si muove, esce e torna nella comunità». Perché se la cultura è “carnale” (come spiegano le neuroscienze e l’embodied cognition) la comunità può essere “ideale”, e un suo ripensamento non può prescindere da una più profonda condivisione di “intenti” in grado di superare la mera condivisione di spazi e “beghe condominiali”.

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  1. Le aree interne possono essere vissute come luogo di nicchia …che cura prodotti di nicchia…a livello agroalimentare, artigianale, culturale, didattico, pscico/olistico…fino a rilasciare il profumo di Vita che ritorna

  2. Le aree interne possono essere vissute come luogo di nicchia …che cura prodotti di nicchia…a livello agroalimentare, artigianale, culturale, didattico, psico/olistico…fino a rilasciare il profumo di Vita che ritorna .

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